In bilico tra fedeltà e libertà: la tensione silenziosa del doppio legame
Luca ha 37 anni e vive in un piccolo paese dell’entroterra savonese, tra ulivi, terrazze di pietra e vecchie case ancora abitate da più generazioni. Fa il falegname, un lavoro che ama, ma che ha scelto quasi per caso, dopo un percorso scolastico incerto. Negli ultimi anni ha avviato una piccola bottega dove realizza anche sculture in legno su commissione.
A prima vista, la sua vita sembra semplice e serena. Eppure, quando inizia il percorso di ascolto, emerge una tensione costante che lo accompagna da sempre, soprattutto quando deve prendere decisioni importanti.
Quando lo ricevo in Sessione Individuale, esordisce dicendomi: “Ogni volta che provo a fare un passo per me, anche piccolo, mi parte il mal di testa. È come se il corpo dicesse: ‘Non è giusto’. Anche se so che non sto facendo nulla di male.”
Luca soffre di diversi disagi fisici come emicranie ricorrenti e digrigna i denti di notte. I sintomi peggiorano in coincidenza con scelte che lo portano a prendere distanza dalla sua famiglia d’origine: cambiare orari di lavoro, proporre vacanze con la compagna, rifiutare un invito a pranzo della madre.
Sente di essere diviso tra il desiderio di autonomia e una fedeltà invisibile che lo riporta sempre indietro.
Una madre che chiede senza chiedere
Luca è figlio unico. Suo padre è morto quando lui aveva cinque anni. La madre, Margherita, non si è più risposata. Tra le varie affermazioni mi dice: “Diceva sempre che bastavamo noi due. E io ho fatto di tutto per non deluderla.”
Mi racconta di sua Madre Margherita: è una donna vivace, pratica, presente. Ma il suo affetto è spesso carico di messaggi ambigui. Quando accenna a queste situazioni, qualcosa nel volto di Luca cambia, chiedo maggiori dettagli ed infatti quando Luca prova a raccontarle un nuovo progetto, lei lo ascolta con entusiasmo, ma poi aggiunge:
“Mi raccomando, non ti allontanare troppo da qui. Ti conosco, tu ti fai prendere dall’entusiasmo e poi lasci le cose a metà.”
Oppure:
“Certo che se tu e Nadia volete trasferirvi, fate bene… anche se a tua nonna si spezzerebbe il cuore, lei ti ha visto nascere in questa casa.”
Ogni scelta di Luca viene così accompagnata da un sì che contiene una specie di no, da un incoraggiamento che porta con sé una velata forma di colpa. La madre non impone, non vieta, ma lega attraverso la gratitudine, la memoria, la fragilità.
E lui, di fronte a tutto questo, si irrigidisce, mi dice: “Mi sento bloccato. Vorrei andarmene, ma poi mi viene da piangere. Sento che la deludo. E non riesco più a pensare con chiarezza.”
Un’eredità familiare che si ripete
Nel percorso di esplorazione con il genosociogramma, emergono dettagli significativi anche sulla generazione precedente.
La nonna materna, Angela, era una donna molto devota, severa, educata al sacrificio. Rimasta vedova a sua volta da giovane, ha cresciuto Margherita con un senso di disciplina e responsabilità rigidissimi, ogni atto di libertà veniva letto come un segno di egoismo.
Quando Margherita a vent’anni tentò di trasferirsi per studiare infermieristica, Angela si ammalò improvvisamente. La figlia rinunciò al sogno e tornò a casa.
Il messaggio familiare implicito – “Se ti allontani, succede qualcosa di grave” – ha creato uno schema importante nel sistema di Luca, riformulandosi in forme più sottili ma non meno vincolanti.
Il corpo di Luca ha iniziato a farsi carico di questa tensione manifestandolo in vari modi.
Il doppio legame prende forma
Quella che si è delineata nel tempo è una dinamica classica di doppio legame: da una parte, la madre invita all’autonomia, lo apprezza come uomo indipendente. Dall’altra, lo richiama costantemente in un ruolo di vicinanza, dedizione, sacrificio.
Il messaggio non è mai esplicito, ma è chiaro nel corpo: se mi allontano, soffrirà. Se resto, mi perdo.
Luca si trova così in una gabbia invisibile, dove ogni scelta comporta la possibilità di tradire qualcuno: la madre, la propria storia, sé stesso. In questo campo di tensione, il corpo è l’unico a parlare con chiarezza: dolore, rigidità, insonnia.
Il suo sistema nervoso è in allerta costante, come se dovesse mediare tra due voci interiori che si contraddicono.
Ritrovare una voce propria
L’osservazione che propongo a Luca è quella della messa in scena attraverso la Costellazione Familiare per andare ad incontrare le generazioni passate onorarle e proseguire verso la propria Vita. Nel fare questo accompagno Luca a riconoscere ad alta voce che le due spinte esistono e che hanno entrambe una ragione di essere.
Attraverso l’emozione della Costellazione Luca restituisce alla madre la sua storia, il suo dolore, la sua forza portando a compimento il sospeso che anelava da tempo.
Non tardano ad arrivare i primi movimenti, Luca mi comunicherà successivamente che aveva iniziato a prendere decisioni piccole, ma chiare: cambia gli orari di apertura della bottega, pianifica un viaggio con Nadia senza cercare giustificazioni, acconsente ad un invito a esporre in una mostra fuori regione.
E il corpo risponde. Inizia a sentirsi meglio.
Quando il corpo segnala ciò che la mente non riesce a dire
Il doppio legame è una forma sottile di fedeltà familiare che spesso ha radici profonde. Quando viene riconosciuto, nominato, portato alla luce, la persona può iniziare a distinguere le proprie scelte da quelle sistemiche e tornare a sentire la propria direzione con chiarezza.
Nel Racconto alcune informazioni sono state volontariamente modificate per rendere irriconoscibili i partecipanti all’attività indicata.
