Svegliarsi sempre alla stessa ora: una traccia invisibile

Un’inquietudine notturna che non trova spiegazioni

Sara, 36 anni, arriva in sessione individuale con un’espressione composta ma stanca. Le notti le stanno sfuggendo di mano. Da mesi, ormai, si sveglia quasi sempre alla stessa ora: tra le 3 e le 4 del mattino. Non riesce a spiegarselo. Altre indagini parlano di ansia latente, lei dice di non sentirsi in ansia. Mangia bene, lavora con soddisfazione, ha una relazione stabile. Eppure qualcosa, di notte, sembra bussare da dentro.

“All’inizio pensavo fosse il caldo… poi ho cambiato materasso, poi ancora ho provato con tisane, letture leggere prima di dormire, anche podcast rilassanti. Ma niente. Mi sveglio, e sento un’agitazione che non capisco. È come se mi mancasse l’aria, ma non ho nessun motivo vero per sentirmi così.”

Il suo risveglio notturno ha una regolarità quasi implacabile. E proprio questo dato – la ripetizione costante nello stesso orario – apre la porta a una possibile traccia transgenerazionale. È lì che suggerisco l’approfondimento attraverso l’indagine psicogenealogica.

Quando il corpo ricorda ciò che la mente ignora

Casi Psicogenealogia Propongo a Sara un’esplorazione attraverso il genosociogramma, una mappa delle relazioni familiari che ci permette di osservare eventi ricorrenti, date significative, dinamiche invisibili che possono essere in risonanza qui e ora con il consultante. Invito Sara a prendersi del tempo per raccogliere informazioni per poi procedere con la stesura vera e propria del genosociogramma.

Torna alla sessione successiva con il materiale recuperato dall’indagine ed accompagno Sara alla stesura del proprio albero genealogico commentato facendole presente di fidarsi delle proprie sensazioni e permettere all’inconscio familiare di mostrare quello che vuole essere osservato e riconosciuto.

Sara conosce bene le storie della sua famiglia materna, un po’ meno quella paterna. La nonna materna, Rosa, era una donna forte e silenziosa, vissuta tra i vicoli di Matera. Aveva perso il fratello minore durante la guerra, un fatto di cui si parlava poco, quasi mai. Era successo proprio di notte: una retata improvvisa, un arresto, e poi il nulla.

“Dicevano che era stato portato via perché coinvolto in qualcosa… non ho mai capito bene. Mia nonna non raccontava, e mia madre cambiava discorso ogni volta che chiedevo.”

Chiedo a Sara se per caso si ricorda la data di nascita o del decesso di questo fratello della nonna. Mi dice: “Si chiamava Antonio, ed è stato portato via nella notte tra il 14 e il 15 giugno. Aveva ventun anni.”

Un anniversario che si ripete nel corpo

La notte in cui Antonio scomparve fu, per Rosa la Nonna Materna, un evento segnato da dolore profondo. Da quel momento, racconta Sara, la nonna cominciò a soffrire d’insonnia. Dormiva poco e male, spesso si alzava nel cuore della notte, proprio in estate. Quel dettaglio che allora pareva insignificante inizia a prendere forma.

Nella genealogia, quella notte non è stata mai nominata per ciò che è stata: una soglia di paura, un addio improvviso, un tempo sospeso. Ma il corpo di Sara, tre generazioni dopo, sembra ricordarla ogni notte, riportando in scena quella stessa ora in cui Antonio fu portato via. Facendo due conti, notiamo che Sara è nata proprio nella settimana dell’evento. Il suo compleanno è il 13 giugno. Non solo: ogni anno, l’insonnia peggiora proprio a inizio estate, senza motivo apparente.

Nel corpo, il tempo non è lineare. Il corpo vive in cicli, in memorie cellulari, in impronte sottili che non conoscono calendari ma si muovono nel campo della famiglia come voci che chiedono di essere riconosciute.

Il passaggio dalla ripetizione alla consapevolezza

Nel momento della presa di coscienza, il volto di Sara si illumina di stupore e meraviglia. Non aveva mai fatto questo tipo di collegamento, ma a livello corporeo mentre la accompagno passo passo a riconoscere l’importanza di ricordare e onorare l’emozione connessa all’evento inizia a salirle un’emozione profonda che lasciandola agire si conclude poco dopo con un profondo respiro. Il respiro della quiete.

Sara ha riconosciuto l’esistenza di una memoria familiare che si ripeteva attraverso il suo corpo, ogni notte. Questo gesto, semplice e profondo, ha dato spazio a qualcosa di nuovo: ha potuto dare un nome a quell’agitazione, riconoscerne la sorgente antica

Propongo a Sara il completamento dell’osservazione attraverso la messa in scena della Costellazione Familiare, proprio per accompagnarla ad incontrare la Nonna Rosa e soprattutto il fratello Antonio così da permettere al Sistema Familiare d’Origine l’elaborazione di questa importante informazione.

Nelle settimane successive, qualcosa ha iniziato a cambiare. Il risveglio notturno non è sparito all’improvviso, ma ha iniziato ad affievolirsi. La sensazione di mancanza d’aria ha lasciato spazio a una nuova quiete. La notte ha smesso di essere un messaggio misterioso e doloroso, diventando invece un luogo dove poter riposare.

Una memoria che attendeva ascolto

Questa esperienza ci ricorda come la sindrome d’anniversario non agisce a livello razionale, ma attraverso risonanze profonde. Un orario ricorrente, una stagione dell’anno, un sintomo fisico: segnali che sembrano casuali, ma che spesso sono il linguaggio con cui la storia familiare ci chiama.


Nel Racconto alcune informazioni sono state volontariamente modificate per rendere irriconoscibili i partecipanti all’attività indicata.

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